III WEEK END BIBLICO 6-8 MARZO: LE DONNE DELL’ESODO, LE MADRI DELLA VITA

La promessa che Dio aveva fatto ad Abramo: “Guarda le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza (Gen 15,10). I settanta discendenti di Giacobbe, che erano scesi in Egitto al tempo della carestia, si erano moltiplicati, erano diventati numerosi, avevano prosperato e si erano bene integrati con la popolazione, grazie all’opera di Giuseppe, il salvatore dell’Egitto, e per questo nominato addirittura governatore dell’intero paese.

Un re senza nome, un re senza memoria storica, non aveva conosciuto Giuseppe, sottolinea l’autore biblico, e per questo incapace di progettare con sapienza il futuro del suo popolo, guarda con occhio torbido e con oscuro sospetto la prosperità dei figli di Israele. Chissà quali trame e quali congiure staranno mai tessendo questi cittadini, adoratori di un’altra divinità e di costumi diversi, i cui antenati scesero a sfamarsi nell’Egitto, ignorando che la prosperità del suo regno era stata resa possibile proprio dalla sapienza profetica dell’ebreo Giuseppe.

Ecco le prime parole di questo nuovo re, il Faraone: “Prendiamo provvedimenti nei riguardi di questi ebrei per impedire che aumentino, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri nemici, combatterà contro di noi poi partirà dal paese”(Es 1, 10).

Due le tappe di morte nel progetto del nuovo re: dapprima lo sfruttamento della manodopera ebraica, praticamente la riduzione nella schiavitù, poi lo sterminio dei bambini. Il progetto mortale escogitato dal nuovo re nasce dalla  sua paura, non è fondato sulla realtà. Cercando di esorcizzare la sua paura usando la violenza, otterrà l’esito che voleva scongiurare: il popolo partirà dal paese, ma da libero!

Tutti i bambini maschi degli ebrei dovranno morire, dovranno essere affogati nel Nilo. Questo è l’ordine perentorio che il re dà alle levatrici.

Su questo quadro fosco, violento e irragionevole, dal quale Dio sembrerebbe assente, si inseriscono, tuttavia, delle figure positive: le donne della vita, le levatrici. Una si chiama Sifra, “la bella”, e Pua, “splendore, luce”. Ad esse  il re ordina di disobbedire alla loro vocazione: invece di aiutare i bambini a nascere, ne dovranno causare la morte.

Le levatrici rimangono fedeli alla loro vocazione e non uccidono i bambini; anzi si fanno beffe del Faraone dicendogli che le donne ebree sono vigorose, piene di vitalità, non come le Egiziane, infatti quando loro arrivano, le donne ebree hanno già partorito senza alcuno aiuto. Ma il testo dice che “le levatrici temettero Dio”, ebbero fede in lui e fecero obiezione di coscienza, obbedirono alla legge inscritta nel loro cuore, legge ben superiore a quella di un re, di un re assassino.

Al coro di  queste donne dell’Esodo, nell’anno 442 A.C, dalla rocca di Atene, si unirà la voce di Antigone, urlata contro il re tiranno,Creonte: “Le leggi  inscritte nella coscienza degli uomini non hanno bisogno di essere proclamate, perché sono eterne,  né di oggi né di ieri: esistono da sempre, sono immutabili ed eterne”.

Ai calcoli politici e al progetto di morte del Faraone si oppone la fede delle donne che si mettono al servizio della vita, aiutando Dio a portare in atto il suo progetto di vita, il suo progetto di vita e di salvezza.

Alla schiera delle levatrici si aggiunge persino la figlia del Faraone, la quale, scesa presso le rive del Nilo per fare il bagno, accompagnata dalle sue ancelle, salva un bambino, Mosè, chiuso in un cestello vagante sulle acque.

Dio compare poco in questo racconto, alcuni commentatori si chiedono: “Ma Dio cosa fa?”. La risposta potrebbe essere paradossale, e rispondono: “Dio impara da queste donne come fare e agire”. Infatti la figlia del Faraone vede il bambino, ne ascolta il grido e se ne dà pensiero, esattamente come farà Dio. “Gli israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido salì fino a Dio. Allora  Dio ascoltò il loro lamento e si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli israeliti e se ne prese pensiero” (Es 2,23-25).

Dio stesso, poi, svolgerà il ruolo delle levatrici, aprendo le acque del mar Rosso permettendo a Israele di nascere a nuova vita, di nascere alla piena e vera libertà.

Ci sembra bella questa immagine di Dio che “impara” come far vivere il suo popolo, “apprende” da donne che, a loro volta, lo temono, cioè hanno fede il Lui e per questo motivo mettono a repentaglio la propria vita per salvare quella indifesa dei bambini.

Da questo circolo virtuoso avrà inizio l’Esodo, al centro del quale troviamo Mosè, il liberatore salvato dalle acque, grazie a una donna pagana, la figlia del Faraone, che viene onorata fra le madri della vita, fra le madri della storia della salvezza.

Del Faraone si  perde persino il nome in Israele, delle levatrici si  farà perenne memoria, della figlia del Faraone non ci viene riferito il suo nome, ma l’autore biblico riserva a lei l’onore dell’imposizione del nome a Mosè: “Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: ‘io l’ho salvato dalle acque’” (Es 2, 10). prof. Nazareno Pandozi