Il rabbino Giuseppe Laras, alla domanda quale fosse il libro più adatto per incominciare ad insegnare la Bibbia ai giovani, rispondeva: “ A questi giovani consiglierei il Qohelet, ma ancor più il libro di Rut, dove sono forti i sentimenti di bontà e generosità, forza, speranza, affetto vibrante. La semplicità e la franchezza, il senso della famiglia, e lo spirito di sacrificio, la mancanza di eventi esteriori, i nobili sentimenti dell’anima ci conducono dentro una storia dove Dio tesse i suoi fili misteriosi”.
Il libro di Rut, con la sua arte narrativa, situa gli avvenimenti in campagna, dove il tempo si misura sui lavori agricoli, ma sfocia nel tempo della fecondità umana. In questo ambiente e in questo clima si svolge il processo dall’infelicità alla felicità, dal vuoto alla pienezza. Il libro ci immerge nei colori, sapori, aromi e tonalità dell’estate orientale, con tutti i dettagli della vita semplice della campagna di Betlemme.
Con i suoi quattro capitoletti, il libro di Rut costituisce un piccolo capolavoro letterario, che è stato paragonato a un dramma in quattro atti, preceduto da un prologo.
Dante Lattes, la voce più autorevole dell’ebraismo italiano, lo definisce “una novella gentile, si potrebbe chiamarlo un idillio campestre, se non fosse la tristezza con cui inizia”.
Goethe, impressionato dall’incanto di questo racconto, ha scritto che il libro di Rut deve essere considerato “come il più delizioso, minuscolo capolavoro epico e idillico che sia mai stato scritto”.
Emanuela Ghini, una monaca che ha scritto un ottimo commento al libro di Rut, ha colto con rara sapienza e sensibilità tutta femminile certe sfumature, certi elementi di grazia che la portano a definire il libro di Rut “il Vangelo della donna dell’Antico Testamento. Esso proclama la grazia della fecondità e la speranza del futuro che la migliore femminilità porta con sé. La donna ha la capacità di unire, legare, far comunione. La famiglia felice con cui si chiude il nostro racconto è opera di due donne: dell’amore fattivo di Noemi e della dolcezza operante di Rut”.
Lidia Maggi, teologa e pastora della chiesa valdo-metodista, legge il libro di Rut come una miniatura che riflette tutti i colori dell’iride della Scrittura e una perla preziosa incastonata che nel grande capolavoro narrativo della Bibbia.
Il libro di Rut è la storia dell’inclusione di una donna straniera che, non solo entra a far parte nella comunità di Israele, ma entra come matriarca nella genealogia di Davide e del Messia, entra non solo nel grande fiume delle generazioni di Israele, ma vi rimarrà per sempre, per l’eternità, perché sarà Dio stesso che costruirà una casa eterna per Rut, come afferma il profeta Isaia.
“Non dica lo straniero/che ha aderito al Signore: ‘Certo mi escluderà/il Signore dal suo popolo!’./Non dica l’eunuco: ‘Ecco, io sono un albero secco!’/poiché così dice il Signore: ‘Agli eunuchi, che osservano i miei sabati,/e restan fedeli nella mia alleanza,/io concederò nella mia casa/e dentro le mie mura un posto e un nome (Yad washem)/migliore che ai miei figli e alle mie figlie;/che non sarà mai cancellato” (Isaia 56, 3-5).
Rut, la straniera moabita, riceverà un posto (Yad) e un nome (Shem) eterno che nessuno le potrà mai togliere, lei che era senza un posto, senza la destra su cui trovare appoggio, e un nome, lei che era vedova, senza uno status giuridico e priva di un figlio che facesse rivivere il nome del marito nel flusso delle generazioni in Israele.
Il libro di Rut è la visita di Dio ad Israele in un momento drammatico della sua storia, Dio ha ascoltato il grido del suo popolo, ha raccolto le lacrime di dolore delle donne, delle madri e dei loro bambini nel suo otre, nello scrigno del suo cuore, e non ha risposto con interventi miracolosi e prodigi straordinari, col suo braccio teso, come nel dramma dell’Esodo, aprendo il mare, ma suscitando una storia: il racconto di Rut. Nella tradizione biblica e nella tradizione d’ Israele il racconto ha un valore sacramentale, è un memoriale che perpetua il sacramentum Dei: “Queste parole le racconterete ai vostri figli, parlandone quando starai seduto in casa tua e quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Dt 11, 19; 6, 6-7).
C’è un bellissimo midrash ebraico che coinvolge lo steso Dio che ama il racconto: “Dio ha creato gli uomini, perché, Egli benedetto sia, adora i racconti”. Il libro di Rut è un racconto che Dio offre ad Israele come un dono del suo amore!
Voglio chiudere queste note sulla presentazione di Rut, la spigolatrice, con le parole di Victor Hugo nel suo poema “Booz endormi”: “Dio, mietitore dell’eterno raccolto, all’andarsene, aveva dimenticato una falce d’oro nel campo di stelle”. Booz, che ha permesso a Rut di spigolare nei suoi campi, è ora invitato da Dio a raccogliere la spiga d’oro, che Egli ha lasciato cadere ai suoi piedi. Rut è la spiga d’oro che Dio ha donato ad Israele. Le parole di altissima poesia di Victor Hugo sono la più bella e profonda definizione di Rut: la spiga d’ora che Dio ha fatto germogliare nei campi di Beth- Lehem, la casa del pane!