PARLA, SIGNORE: IL TUO SERVO TI ASCOLTA

Venerato Arcivescovo emerito,

 

Amati Presbiteri e Diaconi,

miei primi collaboratori,

 

Carissimi Religiosi, Religiose, Seminaristi,

 

Diletti Amici dell’Azione Cattolica

e delle Aggregazioni laicali,

 

Validi collaboratori Catechisti e Insegnanti,

 

Voi tutti della santa Chiesa che è in Gaeta

 

 

 

 

 

Introduzione

 

La Lettera Pastorale “La Parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza” ci ha introdotti nel clima del nostro Sinodo diocesano, che avverte come necessità primaria la meditazione della Parola di Dio, fondamento della vita e della missione, che la nostra Chiesa di Gaeta ha ricevuto dal Signore.

 

Le nostre Comunità, nello scorso anno pastorale, con modalità e impegno diversificati, ne hanno fatto oggetto di riflessione e di esperienza viva a livello personale ed ecclesiale.

 

La Lettera dunque rimane anche per quest’anno strumento insostituibile per l’accompagnamento pastorale e premessa necessaria a questa mia Esortazione. Se infatti ci siamo soffermati a lungo sulla Parola di Dio e sulla sua centralità nella vita ecclesiale e personale, come anche nella liturgia e nella catechesi, allo stesso modo è necessaria una riflessione sull’ascolto attento della stessa Parola, che coinvolga in prima persona l’interlocutore di Dio cioè l’uomo con la sua vita, i suoi desideri e la sua reale disponibilità a compiere quanto Dio chiede proprio in vista di una pienezza di umanità.

 

Nell’anno pastorale trascorso abbiamo camminato insieme e abbiamo preso conoscenza che per scoprire l’identità Dio occorre necessariamente aprire la Bibbia, che è quell’insieme di libri dell’Antico e Nuovo Testamento, scritti nell’arco di oltre un millennio nella vicenda storica e culturale dell’umanità. Essi contengono la Parola divina, che viene incontro a noi in parole umane scritte e ci spiegano il suo disegno di salvezza. Abbiamo ancora compreso che la Scrittura non tratta la questione dell’esistenza di Dio ma ci racconta quale è il vero volto di Dio: non è certo vendicativo il nostro Dio, né permaloso o esigente; non richiede all’uomo ciò che l’uomo non può dare e tanto meno è un Dio lontano o noncurante delle realtà del mondo che riguardano l’uomo. Con tanta consolazione abbiamo scoperto che il nostro Dio è ricco di amore e di misericordia, che va in cerca dell’uomo, soprattutto se peccatore o è lontano, e la sua ansia è come quella di un padre premuroso che vuole il bene del figlio per renderlo felice. La vita, la morte, l’amicizia, il dolore, la famiglia, il lavoro, le varie situazioni personali, i segreti del cuore tutto interessa Dio e tutto ci viene descritto e consegnato dalla Parola di Dio.

 

Leggere o ascoltare la Bibbia diviene ogni volta perciò incontro vitale con il Signore, che si rivela e dialoga con noi.

 

 In quest’anno pastorale vogliamo allora riflettere sulla dimensione conseguente alla proclamazione della Parola: l’ASCOLTO da parte dell’uomo.

Il primato della Parola deve riplasmare il volto della nostra Chiesa diocesana, rendendo ogni cristiano un servo della Parola e ogni ministero un servizio alla Parola, dopo averla ben ascoltata e interiorizzata. Il Cardinale Martini diceva: “Il primato della Parola ora non lo è. La nostra vita è lontana dal potersi dire nutrita e regolata dalla Parola di Dio. Ci regoliamo, anche nel bene, sulla base di alcune buone abitudini, di alcuni principi di buon senso, ci riferiamo a un contesto tradizionale di credenze religiose e di norme morali ricevute. Nei momenti migliori, sentiamo un po’ di più che Dio è qualcosa per noi, che Gesù rappresenta un ideale e un aiuto. Al di là di questo però sperimentiamo di solito ben poco come la Parola di Dio possa diventare il nostro vero sostegno e conforto, possa illuminarci sul ‘vero Dio’, la cui manifestazione ci riempirebbe il cuore di gioia. Facciamo solo di rado l’esperienza di come il Gesù dei Vangeli, conosciuto attraverso l’ascolto e la meditazione delle pagine bibliche, può diventare davvero “buona notizia” per noi, adesso, per me e in questo momento particolare della mia storia, può farmi vedere in prospettiva nuova ed esaltante il mio posto e compito in questa società, e così capovolgere l’idea meschina e triste che mi ero fatto di me stesso e del mio destino”.

 

Certo, si può leggere la Bibbia anche senza fede, però senza fede non si può ascoltare la Parola di Dio. Maria, la Vergine dell’ascolto, ascoltava la Parola, la meditava nel cuore e si conformava ad essa, meritandosi l’elogio del suo Figlio Gesù, che la dichiarava beata più per l’ascolto prestato nella fede a Dio che per la sua maternità fisica: “Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11,28).

 

 

1. In religioso ascolto

 

L’accostarsi alla Scrittura e da essa ricevere fecondità spirituale e pastorale può avvenire solo nello spazio dell’ascolto: perciò si esige “un cuore che ascolta”. Il fondamento di tutta la Bibbia è infatti Dio che parla e il popolo che ascolta. L’uomo biblico cammina nella luce della fede: pertanto è solo nell’ascolto che può avvenire l’incontro vitale con Dio. Perciò se l’ascolto è stato momento costitutivo per Israele, come popolo di Dio, similmente deve avvenire per la Chiesa, quale assemblea convocata dalla stessa Parola e riunita intorno a Cristo risorto e vivente. Centrale allora rimane l’esigenza dell’ascolto nell’Antico come nel nuovo Testamento: è la medesima alleanza con Dio che sempre lo richiede.

 

Nella Scrittura tanti sono i richiami sul valore dell’ascolto: siccome Dio non può essere visto, Egli parla e l’ascoltarlo diventa necessità primaria. Basti pensare che Mosè prima di comunicare le parole dell’alleanza proclama a nome di Dio il comando fondamentale, che ogni pio israelita doveva sempre coltivare: “shemà, ASCOLTA, Israele: le parole di questo comandamento , che oggi ti do, restino nel tuo cuore. Le ripeterai ai tuoi figli, le dirai quando ti corichi e quando ti alzi” (Dt 6, 4).

 

In molti altri passi della Bibbia abbiamo ulteriori conferme: Mosè proclama da parte di Dio ai figli di Israele: “Ora se voi ascolterete la mia voce e custodirete la mia alleanza, sarete per me un possesso particolare fra tutti i popoli” (Es 19,3). Geremia ripete ancora a nome di Dio: “Ascoltate la mia voce, eseguite tutto ciò che vi ho comandato, allora voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” (11,6). Nel Nuovo Testamento troviamo l’affermazione diretta e solenne nell’episodio della Trasfigurazione: “Questo è il Figlio mio, che amo. Io l’ho mandato. Ascoltatelo!” (Mt 17,5). Gesù stesso poi proclama la beatitudine che si attuerà per tutti: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28).

 

Nell’antichità si leggeva non solo con gli occhi ma con le labbra e le orecchie, pronunciando cioè la parola ed esprimendola e nello stesso tempo ascoltando quanto veniva proclamato: in questa maniera la lettura ad alta voce diveniva ascolto. La parola ebraica miqrà significa inoltre sia lettura che convocazione e ben designa che il testo biblico in quanto letto ad alta voce, viene proclamato in una assemblea radunata affinché ogni figlio di Israele ascolti, sia istruito e metta in pratica le parole della Torà, proprio secondo la prescrizione del Deuteronomio: “Leggerete queste istruzioni durante la feste delle Capanne. Le leggerete ad alta voce davanti a tutti gli Israeliti… Tutti dovranno ascoltare per imparare a rispettare il Signore…” (31,10-11).

 

Leggere e ascoltare la Scrittura implica sempre il cammino di un necessario esodo da sé stessi in vista di un incontro per entrare in relazione di dialogo con l’Autore principale della Parola e mettersi in comunione con Lui, che parla e chiede di essere ascoltato.

 

 

2. Ascolto nella fede

 

L’ascolto della Scrittura deve essere un ascolto nella fede: infatti, ce lo ricorda san Paolo, la fede nasce proprio dall’ascolto “La fede dipende dall’ascolto della predicazione, ma l’ascolto è possibile se c’è chi predica Cristo” (Rm 10,17). Ma se ascoltare (in ebraico shemà) significa anche obbedire, ecco che le Scritture stesse esigono obbedienza, cioè ascolto fattivo; perciò la risposta del popolo di Israele dopo la lettura del libro dell’alleanza è per due volte proclamazione di obbedienza: “Noi metteremo in pratica quanto il Signore ha detto” e “Noi ubbidiremo al Signore ed eseguiremo i suoi ordini” (Es 24, 4 e 7).

 

Questi due testi del libro dell’Esodo ci dicono chiaramente che il vero ascolto comporta un radicale coinvolgimento del lettore-ascoltatore. Più che spiegare la Scrittura noi dobbiamo entrare nella Scrittura affidandoci ad essa e ripetendo come i figli di Israele:“Noi ascolteremo e faremo”. Questo totale abbandono diventa un atto di fede confessata proprio come san Paolo confessa Gesù morto e risorto, che diviene il kérygma pasquale, il nucleo della nostra fede cristiana: “Prima di tutto vi ho trasmesso l’insegnamento che anche io ho ricevuto: Cristo è morto per i nostri peccati, come è scritto nella Bibbia ed è stato sepolto. È risuscitato il terzo giorno, come è scritto nella Bibbia, ed è apparso a Pietro”. Egli annuncia un fatto e lo integra aggiungendo: “… da ultimo apparve anche a me” (1Cor 15,3-5 e 8), manifestando così un coinvolgimento della sua persona in un evento da lui stesso annunziato. Anche noi dovremmo tenere sempre uniti l’evento e la confessione dell’evento stesso in modo tale da poter essere sempre in grado di annunciare la Parola vivendola efficacemente nel quotidiano come migliore testimonianza al mondo.

 

 

3. Ascolto nello Spirito

 

Se possiamo annunciare la Parola e testimoniarla con le parole e la vita, questo avviene per la potenza e l’energia della stessa Parola, che è forza dello Spirito Santo. Lo asserisce san Paolo: “Tutto ciò che scritto nella Bibbia è ispirato da Dio…la Bibbia ha il potere di darti la saggezza che conduce alla salvezza per mezzo della fede in Cristo Gesù.. e così ogni uomo può essere perfettamente pronto, ben preparato per compiere ogni opera buona” (2Tim 3,16 e 15 e 17). Ascoltare la Parola di Dio e ricevere la forza dello Spirito Santo sono i due presupposti che il Signore ci offre per abilitarci a compiere opere buone e rendere bella la nostra condotta di vita.

 

La Scrittura svela così una forza tutta propria: infatti il valore della Scrittura non è anzitutto scientifico o pedagogico o morale ma è orientato in modo particolare alla salvezza dell’uomo. San Paolo, abbiamo visto poc’anzi, afferma con decisione che la Scrittura dà la salvezza mediante la fede e rende capaci di carità e di operare il bene. Perciò san Giovanni Crisostomo può aggiungere: “Grande è la potenza della divina Scrittura”.

 

Sappiamo bene che la Scrittura è parola umana, storica e che la Torà parla il linguaggio degli uomini: ma la Scrittura è anche santa “… i libri santi che abbiamo a nostra disposizione ci infondono coraggio” (1Mac 12,9) perchè partecipa della stessa santità di Dio mediante lo Spirito Santo, il quale guida il lettore o l’ascoltatore alla precisa comprensione spirituale, che mette in comunione con Dio proprio come dice il grande amante della Scrittura che è san Girolamo:“Abbiamo sempre bisogno della venuta dello Spirito per comprendere bene le Sacre Scritture”.

 

 

4. Ascolto nell’oggi

 

Lo Spirito Santo ci è allora necessario per poter fare una lettura o un’ascolto nell’oggi in cui viviamo e nella situazione in cui ci troviamo. Nella stesura finale dei quattro Vangeli si avvertono le riletture differenti che le primitive comunità cristiane di diversi luoghi e tempi fecero dell’unico evento Cristo Gesù: la buona Novella viene così attualizzata. La Scrittura contiene la Parola di Dio, che rimane in eterno come scrive san Pietro: “Secca l’erba, appassisce il fiore ma la parola del Signore dura in eterno. E questa è la parola del Vangelo che vi è stato annunziato” (1Pt,1,25); essa annuncia a tutti e sempre che Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8). Questa Parola di Dio anche se scritta tanti secoli fa, ogni volta è nuova, ogni volta diviene attuale e ogni volta ci interpella nell’oggi della situazione in cui ci troviamo.

 

Ogni giorno il Signore vuole riproporre l’alleanza con ciascuno attraverso la sua Parola; ogni giorno dobbiamo essere pronti a rinnovare l’ascolto, secondo l’esortazione del Salmo: “Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il vostro cuore…” (95,7).

 

Riferendosi proprio a questo Salmo, la Lettera agli Ebrei ci dice chiaramente come questo oggi è un tempo continuativo, anzi è tutto il tempo nel quale viviamo: “ogni giorno, per tutto il tempo che dura questo lungo oggi di cui parla la Bibbia” (3,13-13).

 

 

 

5. Ascolto nella preghiera

 

L’autentico e fedele ascolto della Bibbia deve condurci a conoscere maggiormente il Signore e così poter aderire a lui nella obbedienza alla sua Parola: ecco perchè ci è necessario lo spirito di preghiera nell’accostarci ad essa.

 

In tal senso ci avverte la Costituzione dommatica sulla Divina rivelazione, Dei Verbum 25: “La lettura della Scrittura deve essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo” poiché “gli parliamo quando preghiamo e lo ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini”. Questo colloquio prende proprio inizio con l’ascolto, ma a ben riflettere, se leggendo colloquiamo con Dio in risposta alla sua parola, ecco che naturalmente questa nostra risposta diventa preghiera, che sgorga dal cuore secondo quanto afferma sant’Agostino: “È necessario pregare per ottenere la capacità di comprendere, essendo la preghiera il mezzo principale e più necessario”.

 

Ogni vera lettura della Parola del Signore soprattutto quella “nel segreto della tua camera”, che sant’Ambrogio spiega essere quella cella “che è dentro di te dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi e in essa non c’è altro giudice se non Dio solo”. L’autentica lettura nel segreto e il colloquio confidenziale con il Signore, che “ci vuol parlare faccia a faccia come uno parla a un amico” (Es 33,11), attendono sempre la risposta del nostro cuore, ricordandoci che ogni incontro con il Signore è sempre rivelazione e proposta personale e coinvolgente.

 

Non dobbiamo poi dimenticare che tutta la preghiera della Chiesa, soprattutto quella solenne della liturgia, è costituita e formata dalla Parola del Signore sia dell’Antico che del nuovo Testamento ed è bello, consolante e anche nobile pregare con le stesse parole che il Signore ci ha rivolto: a ben pensarci la nostra preghiera è allora una Parola restituita a Dio, secondo quanto afferma la Costituzione liturgica Sacrosantum Concilium n. 33: “Dio Parla al suo popolo… il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e la preghiera”.

 

La Parola del Signore per poterla restituire si deve bene ascoltarla, farla propria e acconsentirvi: “Dire di sì è già essere salvati” scriveva san Bernardo.

 

Se poi volgiamo la nostra attenzione alla Liturgia, cioè alla Chiesa in preghiera constatiamo come il dialogo di Dio con il suo popolo si articola in tre momenti: 1°. Lettura: è Dio che parla e l’assemblea ascolta in religioso silenzio. 2°. Canto responsoriale: è la risposta del popolo, è la preghiera corale nel suo momento lirico. La Parola scendendo nei cuori li fa vibrare e suscita l’eco del canto, che esprime la riconoscenza esultante di tutto l’essere, rapito nella contemplazione del mistero che la Parola gli ha rivelato. È una risposta, con la quale ci si rivolge a Dio con le sue stesse parole, cioè con i salmi o i cantici della Scrittura. 3° Preghiera personale e silenziosa: è il momento più personale e più meditativo della risposta: una libera effusione dell’anima, che è stata personalmente toccata da qualcuna delle parole ascoltate.

 

È questo il metodo che la Chiesa usa per pregare: anche la Madonna ha pregato così. Il Magnificat, che è insieme canto e preghiera, è un prezioso tessuto fatto da fili d’oro, ricavati tutti da versetti della Scrittura come alcuni salmi e cantico di Anna.

 

Soprattutto poi nell’Eucarestia in modo mirabile si intrecciano e si sostengono la Parola del Signore, la liturgia e la nostra preghiera: è proprio nella Eucaristia che si realizza da una parte l’apice della proclamazione della Parola di Dio e dall’altra il nostro maggior coinvolgimento attraverso la partecipazione alla mensa del Corpo e Sangue di Gesù. Perciò con autorità il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio può affermare alla Propositio 7: “È importante considerare la profonda unità tra la Parola di Dio e l’Eucarestia in modo tale da superare la dicotomia tra le due realtà… La Parola di Dio si fa carne sacramentale nell’evento eucaristico e porta al suo compimento la Sacra Scrittura. L’Eucarestia è un principio ermeneutico della Sacra Scrittura, così come la Sacra Scrittura illumina e spiega il mistero eucaristico…Senza il riconoscimento della presenza reale del Signore nell’Eucarestia, l’intelligenza della Scrittura rimane incompiuta”.

 

 

6. Ascoltare

per pregare insieme

e per camminare insieme

 

Solo quelli che sanno ascoltare, diceva san Girolamo, “sanno parlare allo Sposo divino, hanno il gusto del santo colloquio”. Perciò il Concilio può affermare che “nella Scrittura sono racchiusi mirabili tesori di preghiera e di vita cristiana” (Dei Verbum, 15).

 

Nell’arco di questo ascoltare-rispondere al Vangelo si pone il nostro Sinodo diocesano, che ha l’impegnativo intento di portare tutti a Cristo e Cristo ad ognuno per una crescita di una nuova e autentica religiosità in noi e nel nostro territorio, la quale sappia far regnare Dio nella coscienza dell’uomo contemporaneo: una religiosità che non sia moralismo, né intellettualismo, e neppure solo una dottrina o un carico di imposizioni e di divieti. La Parola di Dio sia invece l’incontro gioioso e vitale con una Persona, Cristo Gesù. Ecco perché ogni cristiano deve essere sale e luce al fine che gli altri e i lontani possano vedere le opere belle e buone, che il Padre compie in chi segue il Vangelo.

 

A conclusione di questa Riflessione pastorale trascrivo la lettera, che san Gregorio Magno inviò a Teodoro, medico dell’imperatore: mi sembra un messaggio attuale e bello che il grande Papa vuole offrire anche a noi: “Poiché chi più ama più osa, ho un rimprovero da fare al mio figlio Teodoro: tu hai infatti ricevuto da Dio il dono dell’ingegno, del benessere, della misericordia e della carità, ma ti fai soffocare dalle questioni profane, dai continui andirivieni e trascuri così di leggere ogni giorno le parole del tuo Redentore. Cosa è la Scrittura se non una lettera di Dio onnipotente inviata alla sua creatura? Se tu risiedessi altrove e ricevessi posta dal tuo re terreno non ti daresti pace, non riposeresti, non chiuderesti occhio se non prendessi conoscenza del contenuto di quella lettera. Il Re del cielo, il Signore degli uomini e degli Angeli, ti ha scritto una lettera perché tu viva e tuttavia tu trascuri di leggerla con ardente amore. Cerca dunque di meditare ogni giorno le parole del tuo Creatore. Impara a conoscere il cuore di Dio nelle parole di Dio…”.

 

Anche noi ministri della Parola diventiamo attenti ascoltatori, affinché, secondo l’ammonimento di sant’Agostino “non diventi una vano predicatore della Parola di Dio all’esterno colui che non l’ascolta dentro di sé”.

 

Ci sostenga tutti Maria, la Vergine dell’Ascolto e la Madre della Chiesa e la Madre della nostra Chiesa Gaetana con i bei titoli di Madonna nostra di Porto Salvo, Madonna nostra della Civita, Madonna nostra dell’Annunziata!

 

 

 

Appendice

 

Riporto le indicazioni già suggerite nella Lettera pastorale dello scorso anno: siano ancora piste di approfondimento personale e comunitario e diventino attuazione pratica per le nostre comunità parrocchiali anche con l’aiuto delle nostre Suore, Catechiste, Animatori. I Cori e le Scholae ricordino che la loro funzione è di sostegno e di animazione del canto dell’assemblea ma non di sostituzione dell’assemblea stessa:

 

• in ogni parrocchia, ad ora conveniente, si celebri la Liturgia delle Ore almeno con i Vespri;

 

• l’omelia ben preparata, sia fedele alla Parola proclamata e abbia la durata non superiore ai dieci minuti; diceva il teologo Bonhoëffer, ucciso dai nazisti: “Il predicatore incontra la Bibbia in tre momenti: sul pulpito, sul tavolo di lavoro e sull’inginocchiatoio. Nessuno può commentare la Bibbia dal pulpito senza praticarla sul suo tavolo di lavoro e nella preghiera”.

 

• consegnare solennemente la Bibbia o il Vangelo alla comunità parrocchiale per una lettura in famiglia, specialmente nell’Avvento e in Quaresima;

 

• con una particolare liturgia, dare inizio all’anno catechistico consegnando il Vangelo e non il libro del catechismo e impegnare i giovani a leggere, a casa con i genitori, alcune parabole o il racconto della nascita di Gesù o i racconti della passione;

 

 

• insegnare ai ragazzi della Cresima quali sono i libri dell’AT e quelli del NT, con quale sigla vengono citati, come si trova un passo nella Bibbia;

 

• preparare, d’intesa con l’Ufficio liturgico, validi lettori in grado di proclamare bene il testo sacro, ricordando che la Bibbia prima di essere ‘Scrittura’ è ‘proclamazione’ di una parola e di conseguenza non devono esserci i cosiddetti “foglietti”, perché chi ascolta non legge. Diventa poi questione anche di rispetto verso la Parola del Signore Gesù, poiché, ci dice il Concilio, è Lui che parla quando nella liturgia si legge la sacra Scrittura. Farsi comprendere è inoltre senso di responsabilità verso tutta l’assemblea, la quale dall’ascolto deve convertirsi; la “mala dizione” diventa in alcuni casi “maledizione”;

 

• sistemare in modo definitivo l’ambone: esso è luogo sacro, solenne, bello ed elevato, esclusivamente destinato alla proclamazione della Parola di Dio, del Vangelo e della Preghiera dei fedeli: da esso non si possono dirigere i canti o rivolgere avvisi o discorsi di circostanza;

 

• educare alla Lectio divina come esercizio personale, come strumento di discernimento comunitario e come crescita spirituale;

 

• trovare lo spazio di celebrare in parrocchia “una settimana dell’ascolto”, durante la quale alcune attività pastorali vengono sospese e ci si ferma a meditare la Parola del Signore;

 

• valorizzare nelle celebrazioni liturgiche i momenti di silenzio, soprattutto dopo la proclamazione della Parola per poterla interiorizzare;

 

• dedicare, da parte dei presbiteri, maggior tempo alla disponibilità per le confessioni e per i colloqui spirituali, delegando alcuni altri compiti ai diaconi o a laici impegnati;

 

• d’intesa con il Centro Diocesano Vocazioni si preparino partecipate Veglie vocazionali sulla Parola di Dio.

 

• individuare con gli organismi di partecipazione (Consigli pastorali, Azione Cattolica, equipe, gruppi vari) campi e metodi di rinnovamento circa le attività della parrocchia, in modo particolare riguardo alla catechesi e alla liturgia; i catechisti rimotivino il loro delicato impegno con corsi di aggiornamento biblico e didattico, promossi dall’Ufficio Catechistico;

 

• per poter esercitare il ministero di catechisti occorrerà il “mandato ecclesiale”, perché il Vangelo si comunica non a nome proprio, ma a nome e per mandato della Chiesa attraverso il Vescovo;

 

• approfondire i temi attuali alla luce dell’insegna-mento di Benedetto XVI, come i grandi interrogativi sull’esistenza di Dio, sulla fede e la ragione, sul dolore, la morte, la bioetica, l’eutanasia etc.; in una parola: che si sappia dar ragione della nostra speranza con argomenti desunti dalla Parola di Dio e dal Magistero della Chiesa;

 

• nella predicazione e nella catechesi parlare della conversione personale alla luce della Parola di Dio e presentare su questa base il sacramento del Battesimo e della Confessione;

 

• individuare un gesto concreto di rinnovamento: lettura continuata di un Vangelo; lettura comunitaria delle Lettere di san Paolo; lettura e risonanza della Parola di Dio in piccoli gruppi, canto dei Vespri etc.;

 

• lavorare insieme sul rinnovamento e la purificazione delle feste patronali, perché siano occasioni di evangelizzazione, di testimonianza e di attenzione ai poveri.

 

 

+ Fabio Bernardo D’Onorio

Arcivescovo di Gaeta