PADRE PINO PUGLISI IL PRETE CHE FECE TREMARE LA MAFIA CON UN SORRISO

Padre Giuseppe Puglisi: vita, insegnamento e martirio

Ascolto

 Aveva grandi orecchie, grandi mani, grandi piedi. E sapeva essere allegro e scherzare anche su se stesso. Come il lupo a Cappuccetto Rosso, padre Pino Puglisi spiegava che le orecchie grandi gli servivano ad ascoltare meglio, le mani grandi per accarezzare con più tenerezza, i piedi grandi per camminare veloce e soddisfare subito le richieste di aiuto. "E quella testa pelata?", domandavamo, impertinenti, noi ragazzi del ginnasio. E lui concludeva, passandosi una mano sulla calvizie: "Per riflettere meglio la luce divina…".

 

Umili origini

 Il padre è calzolaio, la madre sarta. Giuseppe Puglisi nasce a Palermo il 15 settembre 1937, terzo di quattro figli. Una famiglia umile ma calda di affetti e ricca di valori. Vivono prima a Brancaccio (cortile Faraone 8), poi – dopo la fine della guerra – in una casa in via Messina Marine 109. Pino fa il chierichetto nella vicina chiesa di San Giovanni Bosco e si impegna nell'Azione cattolica. Matura la vocazione insieme col parroco, padre Calogero Caracciolo, uomo di grande cultura e indipendenza. Tanto che "3P" ricordava spesso un episodio: i galoppini di un politico dell'epoca vennero a offrire un ricco assegno, soldi in cambio di appoggio elettorale. E padre Caracciolo li cacciò via bruscamente…

 

Il Concilio

   "Questo Santo Concilio desidera che le iniziative dei figli della chiesa cattolica procedano congiunte con quelle dei fratelli separati, senza che sia posto alcun ostacolo alle vie della Provvidenza". E' un brano del decreto sull'ecumenismo, "Unitatis Redintegratio", varato dal Concilio Vaticano II (ottobre '62-dicembre '65) per riaprire il dialogo tra cattolici e protestanti. Con le sue idee da precursore, padre Puglisi si trovò subito in sintonia con la svolta conciliare e a Godrano riuscì a organizzare piccole esperienze ecumeniche di preghiera tra la comunità cattolica e il gruppo di pentecostali che tutt'ora vive nel paesino…

 

Sì, ma verso dove?

    Sì, ma verso dove? Verso dove vogliamo che vada la nostra vita? Qual è il senso dell'esistenza? Domande fondamentali per tutti, ma soprattutto per i giovani, che don Puglisi ha messo al centro della sua attività lungo gli anni Ottanta, quelli della maturità, anni centrali per capire la sua personalità. "Sì, ma verso dove?" era lo slogan preferito da padre Pino e fu preso in prestito da una mostra itinerante, organizzata dal Centro nazionale vocazioni, ospitata a Palazzo Arcivescovile nell'84 e visitata da migliaia di studenti…

 

15 settembre 1993

    Il giorno in cui l'ammazzarono padre Puglisi aveva lavorato molto. Come sempre, negli ultimi tre anni, da quando era tornato nel suo vecchio quartiere: parroco della chiesa di San Gaetano che aveva conosciuto da bambino, quasi a ricongiungere l'alfa e l'omega della sua vita.

    Maglione blu con i gomiti lisi, pantaloni scuri, piccoli passi: alla chetichella, con il consueto, semplicissimo abbigliamento, dieci minuti prima della messa vespertina di sabato 6 ottobre 1990 "3P" si era presentato alla chiesa di Brancaccio…

 

Il discepolo

    "Me l'aspettavo", disse padre Puglisi ai killer. E fu per loro il suo ultimo sorriso. Se l'aspettava, con la consapevolezza di un condannato a morte che ha trascinato la sua croce fin sulla cima del monte. Gli ultimi mesi di "3P" a Brancaccio sono segnati da una "escalation" di minacce e avvertimenti contro di lui e i suoi collaboratori. Ripercorrere quei giorni serve anche a ricordare le sue risposte, quello stile di fermezza interiore e sconfinata pazienza, l'umiltà coraggiosa e l'intolleranza verso ogni ombra di ambiguità e compromesso….

 

Me l'aspettavo

 Era solo e mangiava spaghetti Salvatore Grigoli quando l'arrestarono: poche ore dopo decise di collaborare con la giustizia e ammise di aver sparato a padre Puglisi. Così si legge nella sua prima "dichiarazione spontanea" messa a verbale e poi confermata nelle aule dei processi: "Dopo aver bruciato le porte di casa di quelle tre persone, ebbimo la comunicazione di commettere questo omicidio. Quella sera non eravamo andati per questo ma si stava vedendo di conoscerne le abitudini e gli spostamenti. Lo incontrammo in una cabina telefonica nei pressi della chiesa di San Gaetano. Si pensò allora di attuare subito il delitto, andammo a prendere l'arma. Si trattava di una 7,65 munita di silenziatore. Quindi andammo a ricercarlo. Alla cabina non c'era più. Decidemmo allora di attenderlo sotto casa. Cosa che avvenne. Lui arrivò e io e lo Spatuzza siamo scesi dalle macchine. “Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino di casa. Aveva un borsello nelle mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano nella mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: "Padre, questa è una rapina!" Lui si girò, lo guardò – una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte, – sorrise e disse: "Me l'aspettavo". Non si era accorto di me. Io allora gli sparai un colpo alla nuca”…

 

Giovanni Paolo II alla Verna

 Giovanni Paolo II alla Verna, il 17 settembre '93, il monte dove San Francesco ricevette le stimmate, pronunciò queste parole: "Da un luogo di pace e di preghiera, non posso che esprimere il dolore con il quale ho appreso ieri mattina la notizia dell'uccisione di un sacerdote di Palermo, don Giuseppe Puglisi. Elevo la mia voce per deplorare che un sacerdote impegnato nell'annuncio del Vangelo e nell'aiutare i fratelli a vivere onestamente, ad amare Dio e il prossimo, sia stato barbaramente eliminato. Mentre imploro da Dio il premio eterno per questo generoso ministro di Cristo, invito i responsabili di questo delitto a ravvedersi e a convertirsi. Che il sangue innocente di questo sacerdote porti pace alla cara Sicilia"…

 

Mafia e Vangelo

    La mafia e il Vangelo sono incompatibili. Oggi può sembrare una affermazione ovvia, ma così non era negli anni Cinquanta e Sessanta. In Sicilia non tutti i sacerdoti, non tutti i vescovi avvertirono per tempo come il male si stesse annidando nei gangli vitali della società. Molti storici, anche di parte ecclesiale, parlano di una “sottovalutazione”, se non di una “coabitazione”, andata avanti per decenni, con i boss impegnati in una funzione di pacificazione sociale delle campagne e di controllo del voto in chiave anti-comunista che non dispiacque a molti esponenti della comunità cattolica. L’anatema del Papa, la morte di don Puglisi segnano un punto di non-ritorno, una eredità preziosa, messa nero su bianco in un documento del maggio ’94 dai vescovi siciliani: “Tale incompatibilità con il Vangelo è intrinseca alla mafia per se stessa, per le sue motivazioni e per le sue finalità, oltre che per i mezzi adoperati. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno. Per questa ragione tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, di essere fuori della comunione della sua chiesa”…