Carissimi,
già solo rivolgermi a voi mi crea una grande emozione. Molti dei vostri volti mi sono noti, sono volti di amici con i quali ho condiviso il mio cammino di formazione, o che ho visto crescere nel Seminario Leoniano da quando hanno mosso i primi passi. Con altri, per diversi motivi mi lega un sentimento di stima e di affetto. Quando il Nunzio mi ha comunicato la nomina di Papa Francesco e il nome dell’arcidiocesi di Gaeta, credo che il mio volto tradisse tutta la confusione del mondo, tanto che mi ha elencato tutte le virtù di questa che è la nostra Chiesa per finire dicendo: “e poi è bella!”. La bellezza è stata la prima considerazione del nostro arcivescovo Bernardo che ha esteso questo giudizio di bellezza con l’orgoglio del padre a tutte le persone, sacerdoti, religiosi e laici che, insieme, disegnano il volto della Chiesa di Gaeta. L’emozione e la confusione nascono dalla consapevolezza che un vescovo deve amare la sua Chiesa come la ama Cristo, cioè con il desiderio di renderla sempre più bella. In questo tempo pasquale ci incontriamo spesso con il libro dell’Apocalisse che si apre con le lettere agli angeli delle Chiese; per alcuni interpreti questi angeli sono i vescovi, che da una parte sono il segno della cura e della misericordia di Dio nei confronti della comunità, e dall’altra sono membri di essa, al punto di essere loro in prima persona i destinatari delle lodi, dei rimproveri, delle esortazioni e degli incoraggiamenti. Vorrei, infine, fare mio il sogno di Ignazio di Antiochia agli Efesini, che scrive: «il vostro collegio presbiterale degno di Dio, è armonicamente unito al vescovo come le corde alla cetra. Così, nella vostra unità di sentimenti e nella concorde carità, voi cantate Gesù Cristo». Voi tutti pregate per me, vogliatemi bene, perché io già ve ne voglio. Cantiamo insieme Gesù Cristo.
Valmontone, 22 aprile 201
Vostro Don Gigi