In Islanda non nascono quasi più bambini con la sindrome di Down. Merito degli screening prenatale. Lucetta Scaraffia, dal 2007 nel Comitato nazionale di Bioetica, che cosa ne pensa?
«Che non c’è niente di cui esultare».
Perché?
«Dal punto di vista morale è un omicidio. È un delitto ammazzare questi bambini che hanno tutto il diritto di vivere. Provi a chiedere a loro se sono felici e senta le loro risposte».
In effetti la cronaca ci offre tante storie di integrazione, come quella di Valerio Catoia, il 17enne con la sindrome di Down che ha salvato una bambina che stava annegando.
«Non sono mai vite spaventose, dobbiamo riportare le cose nei loro limiti. Certe mamme e papà ai giardinetti guardano male i genitori di chi ha la sindrome di Down, colpevolizzandoli, come se quella visione potesse turbare i loro figli. È una cosa molto cattiva e brutta».
Sul caso islandese la sua riflessione è soltanto etica?
«No, c’è un altro aspetto non secondario. Per eliminare la malattia si eliminano i malati: siamo alla base dell’eugenetica».
È una parola forte.
«Se si abortiscono i bambini con la Trisomia 21, non ci sarà più alcun interesse da parte della scienza a cercare rimedio. Mentre, con il tempo, si potrebbe trovare il modo di intervenire sul Dna e di correggere il difetto cromosomico».
Qual è la sua proposta?
«Sarebbe bello se un gruppo di ragazzi di tutta Europa con sindrome di Down andasse in Islanda. Coi loro sorrisi dimostrerebbero quanto male fanno con gli aborti mirati».