IL MIRACOLO DEI CIPRESSI

Un rilievo particolare merita la bellissima facciata del Santuario. Opera dell’artista milanese Raffaello Franco, fu inaugurata nel 1628. Tutta a mattoni, è intersecata da ampie cornici di pietra locale e sull’ampio cornicione si levano, con maestosa e fine eleganza, fiamme intagliate a simboleggiare l’ardente fede di coloro che concorsero all’edificazione del Santuario. Sul portale d’ingresso si possono ammirare tre stemmi in pietra: al centro quello di Gabriele Mattei, con la scritta “Charitas semper Deo Gratia”; a sinistra quello di Mons. Gandulfo Vescovo di Fondi, che fece edificare l’altare della Madonna e la facciata, a destra quello di Lenola, col fiore denominato Enula Campana. Oltre all’ammirazione artistica, l’occhio è chiamato a ben altra attrattiva, che stupisce e lascia perplessi: sono i rami robusti di cipresso inchiodati sul cornicione maggiore nel 1628: insieme a festoni di mirto dovevano avere il compito solo di abbellimento per l’inaugurazione della bella facciata. Dopo molti giorni nel disfare l’addobbo, si trovarono attecchiti. Sono senza radici e tuttavia da allora resistono alle intemperie e alla siccità.

La costante tradizione di fede a riconosciuto in questo segno dei cipressi il prodigio promesso dalla Madonna a Gabriele Mattei. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la protezione delle piante, in una relazione dell’11giugno 2002 ha dichiarato: “la pianta posta a sinistra di chi guarda la facciata è ormai completamente disseccata  il reperimento sul fusto di piccolissime gocce di resina ancora fresca stanno a indicare che la morte della pianta è avvenuta in tempi recentissimi. Non avendo trovato sulla pianta nessun segno di malattia  pensiamo che il disseccamento e la morte di questa pianta sia dovuto a causa naturale (vecchiaia). Per quanto riguarda la pianta situata sulla parte destra del cornicione, questa è ancora viva, sebbene interessata da numerosi disseccamenti della chioma e di una grossa branca. Riteniamo già evento miracoloso il fatto che i due cipressi abbiano potuto vivere per tanto tempo in una condizione trofica cosi difficile”.