Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce… così abbiamo ascoltato nella grande liturgia della notte santa. Le origini delle tenebre sono lontane nel tempo. Il giorno più buio è stato il giorno della disobbedienza, dopo che Dio aveva creato il cielo e la terra, l’uomo, e si era compiaciuto dell’opera delle sue mani, lui prende le distanze da Dio, E’ il giorno nero del peccato originale, nella quale la desolazione, la delusione di Dio hanno raggiunto il vertice del buio. Da quel giorno le tenebre del peccato di Caio contro Abele, la grande oppressione del popolo di Israele … una catena interminabile di delitti oscuri hanno cominciato a far scendere sulla terra una tale oscurità sul mondo sull’uomo che fino ad oggi, intorno a noi dentro di noi ne avvertiamo la pesantezza. Litigi, egoismi, pettegolezzi, violenze, divisioni: questa è la grande e piccola notte nella quale l’umanità e l’uomo, noi stessi ci sentiamo avvolti. E tuttavia, per uscire dalle tenebre non è l’uomo illuminato di ieri a prendere iniziativa, né quello tecnologico hiteck di oggi. Ma è Dio stesso che ha nel cuore una così grande nostalgia dell’uomo che percorrere la più grande distanza possibile: discendere dal cielo dei cieli per farsi uomo, per farsi bambino, per di nuovo ridonarci quella luce inziale (che è come diciamo nella professione di fede Dio da Dio luce da luce). Una luce che accorcia, annulla ogni distanza e ci fa vedere oltre le nostre debolezze, oltre i nostri delitti, oltre i nostri egoismi, oltre tutto ciò che è buio per riprendere coraggio e dire come i pastori (di eri e di oggi) nella notte della loro vita e dell’umanità: Andiamo a Betlemme a vedere questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere.
La decisione si traduce in gesti concreti: andarono senza indugio e qui: trovarono il bambino, la Luce. E dopo aver visto il Vangelo ci ha suggerito il Vangelo ancora un’altra azione: riferirono ciò che del bambino era stato detto.
In tutto questo movimento dal cielo, non di meno dalla terra, c’è un punto che dobbiamo sottolineare con forza ed è la decisone di andare a Betlemme. E anche noi in questo Natale, con gli auguri ci diciamo l’un l’altro: torniamo a Betlemme. Torniamo alla semplicità, alla purezza, alla luce, alla bellezza, all’amore, alla sobrietà nella quale non ci scopriamo poveri ma ricchi gli uni degli altri. Lasciamoci toccare dalla luce del Bambino, lasciamoci abbracciare dalla misericordia e bontà di Dio, lasciamoci prendere la mano, lasciamoci baciare da Dio: per essere noi luce, abbraccio, misericordia, bontà, mano, bacio … per la mia famiglia, per i figli, per gli amici e i nemici, per gli infermi e i poveri, per la comunità. Non è sufficiente compiere un rito, non è sufficiente aver detto auguri, non è sufficiente scambiarci doni; regaliamo a Gesù bambino e in Gesù bambino ai nostri bambini, a tutte le persone a cui da tempo dobbiamo dire qualcosa o con cui ci diciamo solo cose funzionali, tornando alle nostre case, oggi, e in questi giorni di letizia: sono andato a Betlemme e ti ho portato la luce di Dio, anzi sarò io luce per te; sono andato a Betlemme e ti porto l’abbraccio di Gesù, anzi ti abbraccio io come non facevo più da tempo; sono andato a Betlemme ho visto la bontà di Dio nella povertà del presepio, voglio essere buono, perdoniamoci se abbiamo sbagliato, sono andato a Betlemme, Gesù mi ha dato la mano, ecco prendi la mia mano camminiamo insieme … non sei solo; sono andato a Betlemme, Gesù mi ha baciato, ed ecco ti porto il suo e mio bacio di Natale.
Cari amici Buon Natale e lasciate che io per primo vi abbracci, che io per primo scambi con voi il regalo del perdono e della bontà di Dio, che io per primo, ancora e di più vi tenda la mano per camminare insieme, che io per primo dopo aver baciato Gesù offra a voi tutti il bacio santo del Natale di Gesù.